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sabato 5 maggio 2018

Vite

Di corsi e ricorsi
di parole dette e sentite.

Vite.

Senza freni
solo fermate.

Brevi.

Paesaggi scorrono
e incontri e scontri.

Mete.

Di giochi nei prati
e pianti.

Vite.

mercoledì 22 marzo 2017

Verità vo cercando

Bombardato ogni giorno dal politicamente corretto, imperterrito navigo controcorrente. La notizia è spesso dietro la notizia, nascosta, velata. Non è facile ma non vedo alternativa. Il bianco non è grigio se così dicono tutti. Non tutto è relativo. Verità vo cercando che'è sì cara.

martedì 24 gennaio 2017

Quale social?

Un fiume continuo ci bombarda ogni giorno.

Dove impegnarsi per esprimersi meglio? Instagram (o il più raffinato Pinterest) con le sue foto e le sue storie, che resistono il tempo di un soffio e soddisfano il nostro desiderio esibizionistico o voyeuristico. L'etereo snapchat dove nulla resta? Facebook con i suoi gattini e i suoi gruppi organizzati in compartimenti stagni? Youtube dove chiunque è il migliore e si permette di giudicare tutto e tutti? Il nuovo e sbarazzino Musical.ly dove l'imitatore che è in noi esce allo scoperto e perde ogni freno? Tumblr dove il microblogging regna caotico?

Forse il meno peggio è twitter, dove informazioni, parole e link danno la possibilità di avere un'opinione. Di condensarla in pochi caratteri. Di diffonderla. Anche su twitter tutto passa veloce? Certo. Ma una foto o un video non sapranno mai dire chi sei più di parole scritte. Ortografia, sintassi, concisione, scelta delle parole e degli argomenti riveleranno di più di noi, di quanto possano fare una foto in posa o un video in cui recitiamo una parte.

Fine.

Cosa? I blog? Non li metterei fra i social, chi frequenta un blog fa un passo ulteriore a chi frequenta un social. Cerca un approfondimento (a volte vanamente come chi sta leggendo queste righe), cerca un parere. Chi si ferma su un blog esce dal fiume di chiacchiere per avere un po' di silenzio e riflettere.

Forse.

mercoledì 3 agosto 2016

Non odio.

Vorrei fare una precisazione, visto che di questi tempi l'accusa di essere 'odiatori' è molto frequente.

Non odio.

Sì, non odio nessuno, non odio gli islamici, non odio i buonisti che li incoraggiano. Non odio. Non è odio desiderare di vivere tranquilli a casa propria. Non è odio voler passeggiare su un lungomare senza che un camion ci investa. Non è odio voler prendere un treno, un aereo o una metropolitana senza il rischio di non uscirne. Non è odio voler andare a Messa senza che il parroco venga sgozzato. Non è odio voler andare al ristorante o ad un concerto senza rischiare di saltare per aria. Non è odio affermare che la mia religione (cattolica apostolica romana) non c'entra nulla con quella islamica. Non è odio dire che il mio Dio non è il loro Allah. Non è odio dire che la storia ci racconta di 1400 anni di tentativi islamici di conquista dell'Europa. Non è odio affermare che il cattolicesimo è religione di pace, amore, di porgere l'altra guancia ma nel contempo di difesa della vita, della famiglia, della patria. Non è odio affermare che l'islam non è religione di pace; non lo è stata finora, se lo diventerà meglio per loro, ma hanno un grande lavoro da fare. Non è odio dire che tra il Vangelo e il Corano la differenza è evidente. Non è odio ricordare che Gesù è stato ucciso mentre il loro Profeta ha ucciso. Non è odio dire che la mia religione è indubitabilmente quella vera. Non è odio pregare per la conversione di chi non crede. Non è odio dire che un terrorista che grida Allah Akbar è un musulmano. Non è odio dire che chi sgozza recitando sure e versetti del Corano è un musulmano. Non è odio desiderare che l'odio non ci uccida. Non è odio dire che l'islam moderato non si vede (dove sono le manifestazioni dei moderati a favore dell'occidente? Dove sono i moderati che denunciano i terroristi? Dove sono i moderati che vanno a combattere lo stato islamico? Io non ne ho visti.) Non è odio dire che le moschee non sono come le chiese (al limite come gli oratori, dove ci si incontra e catechizza).

Non è odio dire che finché nei paesi islamici non ci sarà libertà per i cristiani di pregare o costruire chiese, nemmeno loro potranno costruire moschee qui. Non è odio chiedere che gli stranieri di fede islamica parlino italiano. Non è odio chiedere loro di rispettare la nostra cultura, la nostra religione. Non è odio chiedere che conoscano la nostra cultura, la nostra storia. Non è odio chiedere che oltre a diritti abbiano anche doveri. Non è odio volere crocifissi, capitelli e Chiese. Non è odio chiedere che si adeguino al nostro stile di vita. Non è odio chiedere che se ne vadano se non gli va bene. Non è odio chiedere che si adeguino al nostro modo di vestire, non giriamo con le tuniche, solo le suore portano il velo e mai integrale. Non è odio dire che la donna vale quanto l'uomo. Non è odio dire che qui ogni donna è libera di fare le sue scelte al di là dei desideri di padri fratelli o mariti. Non è odio dire che ognuno è libero di seguire la sua religione nel rispetto di tutti e anche di cambiarla senza che qualcuno abbia da ridire alcunché. Non è odio chiedere che chi non rispetta anche solo una di queste cose non sia il benvenuto.

Non è odio voler proteggere ciò che i nostri avi hanno costruito. Non è odio voler conservare la nostra arte, i quadri, i dipinti, le sculture, senza che si debba quasi vergognarsene perché offenderebbero qualcuno. Non è odio ricordare che i nostri santi hanno protetto l'occidente dall'invasione islamica, che le preghiere dei nostri avi hanno scongiurato questa sciagura. Non è odio dire che l'Europa libera che conosciamo esiste solo grazie al cristianesimo e cattolicesimo in particolare. Non è odio dire che le radici dell'Europa sono profondamente radicate nel cristianesimo e non nell'islam. Non è odio chiedere rispetto. Non è odio nemmeno pretenderlo. Non è odio. Non lo è.

Non odio.

Amo la mia terra, la mia gente, le mie chiese e i miei crocifissi, amo la libertà, amo la mia religione, amo il rispetto, amo i doveri e i diritti che ne seguono, amo la mia storia le nostre storie, prego per questa società disastrata e ferita, prego perché cambi. Amo la pace. Amo la vita.

Amo.

Lasciatemi amare.



sabato 16 luglio 2016

L'Anticristo secondo Solov’ëv spiegato dal cardinal Giacomo Biffi.

L’Anticristo, una persona perbene. 
La lezione (inascoltata) del grande Solov’ëv 
spiegata dal cardinal Giacomo Biffi.

Filantropo, pacifista, vegetariano, animalista, esegeta, ecumenista. Il nemico descritto dal filosofo russo Nel 1900 incarna la crisi del cristianesimo odierno.

Il 31 luglio del 1900 (13 agosto secondo il calendario gregoriano) moriva Vladimir Sergeevic Solov’ëv, teologo e filosofo, da molti considerato il pensatore più importante della storia russa. Quello che segue è l’intervento pronunciato a Bologna nel centesimo anno dalla scomparsa, dall’allora arcivescovo della città, Giacomo Biffi (Milano, 13 giugno 1928 – Bologna, 11 luglio 2015). Il cardinale, è stato un profondo conoscitore ed estimatore del pensiero di Solov’ëv.
Vladimir Sergeevic Solov’ëv è morto cento anni fa, il 31 luglio (13 agosto secondo il calendario gregoriano) dell’anno 1900. È morto sul limitare del secolo Ventesimo: un secolo del quale egli, con singolare accuratezza, aveva preannunciato le vicissitudini e i guai, un secolo che avrebbe però tragicamente contraddetto nei fatti e nelle ideologie dominanti i suoi più rilevanti e più originali insegnamenti. È stato dunque, il suo, un magistero profetico e al tempo stesso un magistero largamente inascoltato.
Un magistero profetico
Al tempo del grande filosofo russo, la mentalità più diffusa – nell’ottimismo spensierato della belle époque – prevedeva per l’umanità del secolo che stava per cominciare un avvenire sereno: sotto la guida e l’ispirazione della nuova religione del progresso e della solidarietà senza motivazioni trascendenti, i popoli avrebbero conosciuto un’epoca di prosperità, di pace, di giustizia, di sicurezza. Nel ballo Excelsior – una coreografia che negli ultimi anni del secolo XIX aveva avuto uno straordinario successo (e avrebbe poi dato il nome a una serie innumerevole di teatri, di alberghi, di cinema) – questa nuova religione aveva trovato quasi una sua liturgia.
Victor Hugo aveva profetizzato: «Questo secolo è stato grande, il prossimo secolo sarà felice». Solov’ëv invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati.
Già nel 1882, nel Secondo discorso sopra Dostoevskij, egli parrebbe aver presagito e anticipatamente condannato l’insipienza e l’atrocità del collettivismo tirannico che qualche decennio dopo avrebbe afflitto la Russia e l’umanità: «Il mondo – afferma – non deve essere salvato col ricorso alla forza (…). Ci si può figurare che gli uomini collaborino insieme a qualche grande compito, e che a esso riferiscano e sottomettano tutte le loro attività particolari; ma se questo compito è loro imposto, se esso rappresenta per loro qualcosa di fatale e di incombente, (…) allora, anche se tale unità abbracciasse tutta l’umanità, non sarà stata giusta l’umanità universale, ma si avrà solo un enorme “formicaio”», quel «formicaio» che in effetti sarebbe stato poi attuato dall’ideologia ottusa e impietosa di Lenin e Stalin.
Nell’ultima pubblicazione – I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, opera compiuta la domenica di Pasqua del 1900 – è impressionante rilevare la chiarezza con cui Solov’ëv prevede che il secolo XX sarà «l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni». Dopo di che – egli dice – tutto sarà pronto perché perda di significato «la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche». Si arriverà così alla «Unione degli Stati Uniti d’Europa».
Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento. Egli la raffigura nella icona dell’Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti. In lui, come è qui presentato, non è difficile ravvisare l’emblema, quasi l’ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni: egli – dice Solov’ëv – sarà un «convinto spiritualista», un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo.
Sarà, tra l’altro, anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea «honoris causa» della facoltà di Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare «con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza». Nei confronti di Cristo non avrà «un’ostilità di principio»; anzi ne apprezzerà l’altissimo insegnamento. Ma non potrà sopportarne – e perciò la censurerà – la sua assoluta «unicità»; e dunque non si rassegnerà ad ammettere e a proclamare che egli sia risorto e oggi vivo.
Si delinea qui, come si vede, e viene criticato, un cristianesimo dei «valori», delle «aperture» e del «dialogo», dove pare che resti poco posto alla persona del Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto, e all’evento salvifico. Abbiamo di che riflettere. La militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; il messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per un’organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che Solov’ëv non abbia davvero previsto ciò che è effettivamente avvenuto, e che non sia proprio questa oggi l’insidia più pericolosa per la «nazione santa» redenta dal sangue di Cristo? È un interrogativo inquietante e non dovrebbe essere eluso.
Un magistero inascoltato
Solov’ëv ha capito come nessun altro il secolo Ventesimo, ma il secolo Ventesimo non ha capito lui. Non è che gli siano mancati i riconoscimenti. La qualifica di massimo filosofo russo non gli viene di solito contestata. Von Balthasar ritiene il suo pensiero «la più universale creazione speculativa dell’epoca moderna» e arriva perfino a collocarlo sullo stesso piano di Tommaso d’Aquino. Ma è innegabile che il secolo Ventesimo, nel suo complesso, non gli ha prestato alcuna attenzione e anzi si è puntigliosamente mosso in senso opposto a quello da lui indicato.
Sono lontanissimi dalla visione solov’ëviana della realtà gli atteggiamenti mentali oggi prevalenti, anche in molti cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati. Tra gli altri, tanto per esemplificare: l’individualismo egoistico, che sta sempre di più segnando di sé l’evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi; il soggettivismo morale, che induce a ritenere che sia lecito e perfino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziate dalla norma di comportamento alla quale personalmente ci si attiene; il pacifismo e la non-violenza, di matrice tolstoiana, confusi con gli ideali evangelici di pace e fraternità, così che poi si finisce coll’arrendersi alla prepotenza e si lasciano senza difesa i deboli e gli onesti; l’estrinsecismo teologico che, per timore di essere tacciato di integrismo, dimentica l’unità del piano di Dio, rinuncia a irradiare la verità divina in tutti i campi, abdica a ogni impegno di coerenza cristiana.
In special modo il secolo Ventesimo – nei suoi percorsi e nei suoi esiti sociali, politici, culturali – ha contraddetto clamorosamente la grande costruzione morale di Solov’ëv. Egli aveva individuato i postulati etici fondamentali in una triplice primordiale esperienza, nativamente presente in ogni uomo: vale a dire nel pudore, nella pietà verso gli altri, nel sentimento religioso. Ebbene, il Novecento – dopo una rivoluzione sessuale egoistica e senza saggezza – è approdato a traguardi di permissivismo, di ostentata volgarità e di pubblica spudoratezza, che sembra non avere paragoni adeguati nella vicenda umana.
È stato poi il secolo più oppressivo e più insanguinato della storia, privo di rispetto per la vita umana e privo di misericordia. Non possiamo certo dimenticare l’orrore dello sterminio degli ebrei, che non sarà mai esecrato abbastanza. Ma sarà bene ricordare che non è stato il solo: nessuno ricorda il genocidio degli Armeni a cavallo della Prima Guerra Mondiale; nessuno si avventura a fare il conto delle vittime sacrificate inutilmente nelle varie parti del mondo all’utopia comunista.
Quanto al sentimento religioso, durante il secolo Ventesimo in Oriente è stato per la prima volta proposto e imposto su una vasta parte di umanità l’ateismo di Stato, mentre nell’Occidente secolarizzato si è diffuso un ateismo edonistico e libertario, fino ad arrivare all’idea grottesca della «morte di Dio».
In conclusione, Solov’ëv è stato indubbiamente un profeta e un maestro; ma un maestro, per così dire, inattuale. Ed è questa, paradossalmente, la ragione della sua grandezza e della sua preziosità per il nostro tempo. Appassionato difensore dell’uomo e allergico a ogni filantropia; apostolo infaticabile della pace e avversario del pacifismo; propugnatore dell’unità tra i cristiani e critico di ogni irenismo; innamorato della natura e lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche; in una parola, amico della verità e nemico dell’ideologia. Proprio di guide come lui abbiamo oggi un estremo bisogno.
Foto Giacomo Biffi: Ansa
Fonte: Tempi.it

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